«Ogni finzione che mostri l'uomo in riposo morale, è dissimile dal vero». È inevitabile dare subito la parola a lui, se vogliamo andare alla ricerca ed al possibile rinvenimento di un Vero Manzoni.
E questa dichiarazione così perentoria e assoluta (che trascrivo dai Materiali estetici), tanto da doverla ritenere una confessione, arriverei a dire che apre e chiude qualsiasi discorso su Manzoni.

Ogni finzione e per Manzoni il romanzo cessava presto d'essere finzione, ogni storia che anche da lontano investa l'uomo, e forse ogni parola scritta o detta che lo riguardi, non può, assolutamente non può dare vita ad un uomo in stato di stasi, di arresto, di quiete. «Inquietum est cor nostrum», era questa la sua condizione: è l'inquietudine a dare dignità all'uomo.

Tanto è vero che in un passo della Morale cattolica tanto consonante con la sentenza d'apertura, Manzoni così concludeva: «Uno dei più gravi sintomi di degenerazione tanto in un uomo come in una società è l'esser contenti del suo stato morale, il non trovar nulla da togliere, nulla da perfezionare».

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